Lo storytelling si basa su un principio che vogliamo dare per scontato (altrimenti crollerebbe tutto il castello di carte su cui si basa la comunicazione): a chiunque piace ascoltare una bella storia.

Tralasciando per un secondo il bambino interiore dentro ciascuno di noi, è ormai cosa nota che ogni nostro acquisto ha, oggi, una forte componente emozionale, anche quando è ben nascosta. Così, quando compriamo un prodotto scegliendolo tra decine di prodotti simili sullo stesso scaffale, noi compriamo anche il mondo dietro quel prodotto: compriamo la sua mission, il suo modo di presentarsi, il ritaglio di racconto che il brand riesce a comunicarci in quell’occasione e nelle numerose occasioni (social network, tv, passaparola) precedenti.

Per chi non si fida delle parole e preferisce, invece, affidarsi ai numeri: secondo uno studio condotto dallo psicologo statunitense Jerome Bruner, la mente umana è 22 volte più propensa a ricordare i fatti se questi vengono inseriti all’interno di una narrazione. Diretta conseguenza di questo fatto: dal 2019 ad oggi l’utilizzo del data storytelling in comunicazione (ovvero la tendenza a raccontare fatti e dati attraverso contenuti visivi e una narrazione coinvolgente) sarebbe cresciuto del 233%, anche perché le storie basate su dati reali possono aumentare l’audience fino al 300%. Non male.

Se ti stai chiedendo di cosa hai bisogno per fare storytelling e come si racconta efficacemente una storia aziendale, seguimi nella tana del Bianconiglio. Cose meravigliose accadono quando si lascia il terreno dei numeri e dei file Excel per avventurarsi nell’ignoto*.

 

Capitolo 1 – La tana del Bianconiglio, ovvero: per raccontare una storia bisogna avere una storia da raccontare

Ogni grande storia inizia con un'idea autentica e affascinante. Pensa alla madre di tutti gli storytelling: l’epopea di Steve Jobs, iniziata tra le tre pareti e il portellone di un garage a Palo Alto, in California. Steve Jobs ha realmente assemblato il suo primo Mac Apple nel garage dei genitori, nel 1976, insieme a Steve Wozniak e Ronald Wayne? Poco conta: la sua storia affascina e ispira, oltre a raccontare lo spirito creativo e un po’ da underdog del brand.

Mi sembra di sentire già la prima obiezione: “Facile fare storytelling quando si ha a disposizione una storia del genere”. Controbiezione: la storia del garage non è nata come storia, lo è diventata. Ciò che voglio dire è che qualsiasi attività B2B o B2C ha per forza un evento, un fatto, un qualcosa di rilevante alle proprie origini. Nel concreto, pensa alla tua attività e poniti queste domande:

  • Da dove siamo partiti? (esempio: l’azienda è stata creata dal nonno nel primo dopoguerra)

  • Come abbiamo iniziato? (esempio: il nonno aveva a disposizione solo un pezzo di spago e uno specchio – il nonno era Mac Gyver)

  • Quale fatto o evento ha dato il via all’attività? (esempio: nel primo dopoguerra tutti avevano bisogno di un determinato prodotto e il nonno ha fiutato il business)

  • Quali ostacoli abbiamo dovuto superare? (esempio: dopo la prima guerra mondiale è arrivata una seconda guerra mondiale).

Se hai dimestichezza con Lettere e Antologia avrai già capito che lo storytelling che funziona si basa sul viaggio dell’eroe.

“Il viaggio dell'eroe, una struttura narrativa universale, descrive il percorso di crescita e trasformazione di un protagonista attraverso varie tappe. Inizia con una chiamata all'avventura, seguita da sfide e prove che mettono alla prova il coraggio e la determinazione dell'eroe. Lungo il cammino, l'eroe incontra mentori e alleati, affronta nemici e supera ostacoli, fino a raggiungere una svolta decisiva. Il viaggio culmina con la vittoria e il ritorno a casa, arricchito da nuove conoscenze e poteri, pronto a condividere la saggezza acquisita”. (grazie, ChatGPT)

Anche la tua storia aziendale dovrebbe ricalcare lo schema del viaggio dell’eroe, possibilmente con un lieto fine aperto del tipo: oggi l’azienda è così e in futuro sarà ancora meglio. Se ci sono ostacoli o fallimenti, mettili in evidenza: è vero che in Europa la narrazione del fallimento è ancora acerba rispetto a ciò che accade negli Stati Uniti, dove le cadute sono considerate parte della scalata verso il milione, ma essere fallibili è ciò che ci rende umani e pronti a ricevere l’empatia del cliente.

Proprio come Alice segue il Bianconiglio, anche tu dovresti trovare il filo conduttore della tua narrazione: scopri quali sono gli elementi che rendono il tuo brand speciale e costruisci una narrazione coinvolgente intorno a essi.

 

Capitolo 2 – Il tè con il Cappellaio Matto, ovvero: come coinvolgere il pubblico

Ora sono pronta a rivelarti il classico segreto di Pulcinella: il lettore – in questo caso il cliente – non vuole davvero che la tua storia parli di te. Il cliente, nel profondo, vuole che la tua storia parli di lui (o di lei) e desidera che il tuo racconto tocchi le corde giuste così da trarne ispirazione.

Quando fai storytelling, perciò, ricordati di coinvolgere i tuoi potenziali clienti raccontando qualcosa di loro e, soprattutto, dai loro modo di riconoscersi nella tua storia. Coinvolgili come se li stessi invitando a sederti alla tua stessa tavola a bere il tè, e domandati:

  • In quali punti la mia storia può rispecchiare l’esperienza del mio prospect? (Le origini casuali? La crescita rapida? Un ostacolo finanziario?)

  • Quali emozioni ho in comune con il mio prospect? (La paura di fallire? Il desiderio di spendere meno? La sensazione di sfiducia verso i fornitori?)

  • Quale sensazione lascia la mia storia al cliente? (Vicinanza? Fiducia?)

Il coinvolgimento del pubblico è essenziale per mantenere viva la tua narrazione. Quando condividi il tuo racconto, resta aperto ai feedback dei clienti e degli utenti: ti sorprenderà scoprire quante persone hanno una gran voglia di partecipare al tè del Cappellaio Matto raccontando la propria esperienza, dopo essersi rispecchiate nella tua.

 

Capitolo 3 – Le carte e la Regina, ovvero: non di solo parole vive lo storytelling

“Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella, senza far niente: aveva una o due volte data un'occhiata al libro che la sorella stava leggendo, ma non v'erano né dialoghi né figure, – e a che serve un libro, pensò Alice, – senza dialoghi né figure?”

Se pensi che una storia sia fatta solo di parole, ti sbagli. Una narrazione può e dovrebbe essere rafforzata da materiali multimediali a supporto del messaggio che vuoi trasmettere. Ad esempio:

  • Se hai fotografie o materiali audiovisivi che risalgono alle origini della tua azienda, sfruttale. Seleziona le più significative e usale per accompagnare la storia.

  • Valuta l’opzione di montare un video – da suddividere poi in Reel o mini clip – sfruttando sia il materiale “d’epoca” sia testimonianze più moderne, magari anche di clienti soddisfatti. I video corporate fatti bene hanno sempre successo, un motivo ci sarà.

  • Se hai spazi e materiali a sufficienza, valuta la possibilità di creare un museo o un archivio aziendale. Molte imprese (Campari, Lavazza, Fiat) lo hanno fatto, con cognizione di causa. Un luogo fisico o virtuale dove raccontare ogni giorno la propria storia a persone sempre nuove: il massimo dello storytelling!

Fai in modo che i materiali siano coerenti con la parte verbale dello storytelling: non vorrai creare confusione nei tuoi clienti?

Le carte da gioco, costrette a dipingere le rose bianche di rosso, lo sapevano molto bene: un errore d’immagine può costarti la testa. Mantieni la coerenza nella tua narrazione e utilizza tutti gli strumenti multimediali a tua disposizione per rafforzare il messaggio – o la morale – della tua storia.

 

Conclusioni – Il risveglio di Alice, ovvero: tornare alla realtà

Siamo arrivati, come Alice, alla fine della nostra avventura.

Spero di essere riuscita a convincerti di quanto uno storytelling coerente, autentico e ben fatto sia uno strumento potente nelle mani della tua azienda. Coraggio, racconta la tua storia:

“Lei era certa che Alice ne sarebbe stata capace”.

 

*La lettura è sconsigliata a chi è del segno della Vergine.

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