Chi non ha ancora sentito parlare di “Food Porn”… probabilmente, negli ultimi mesi, non ha prestato troppa attenzione alle nuove tendenze del pianeta-Internet!

Di questi tempi, nella nostra società tecnologizzata e ingorda, in barba ai valori etici della sobrietà e della morigeratezza nei confronti del piacere, uno dei passatempi preferiti dagli internauti è quello di immortalare con il proprio smartphone i virtuosismi culinari di ristoranti e pub, condividendo subito lo scatto con i propri amici su Facebook, Twitter o Tumblr. Una composizione originale di sushi, un mega hamburger con insalata e patatine, una grigliata di pesce al top: tutto fa “Food Porn” (letteralmente: “pornografia del cibo”, brillante espressione coniata nel lontano 1984 da Rosalind Coward in un suo saggio, e oggi più che mai attuale…), per la goduria estetica dei nostri occhi, che si proietta immediatamente in fantasie di cibo e irrefrenabile acquolina, da placare prima che sia troppo tardi, magari dirigendosi proprio nel locale dove è stato scattato il famigerato clic!

Infatti, oltre a essere un affare di costume, il “Food Porn” è strettamente imparentato con il marketing, a livello di social media e non solo, e sta assumendo sempre più un connotato “persuasivo”, affine a quello della pubblicità tradizionale. Praticare il “Food Porn” innanzitutto diverte (un divertimento da smargiassi, ma pur sempre una libidine!) e poi fa il gioco dei locali di ristorazione, perché offre una prova tangibile della prelibatezza del loro menu. La foto di una portata appetitosa fa scattare la scintilla del “lo voglio, subito!” e testimonia socialmente l’esperienza positiva avuta in un determinato locale. Per quanto riguarda il cibo, non c’è fattore più decisivo nell’influenzare i gusti del singolo individuo della riprova sociale, che nel “Food Porn” si concretizza con il racconto visivo degli amici più stretti, che incita ad aderire alla tendenza del momento e a frequentare i posti più spettacolari!

Food-Porn-Sushi

Insomma, questo fenomeno sta contribuendo con decisione a rivoluzionare il concetto di marketing. Mentre la pubblicità tradizionale ha sempre seguito un flusso lineare, che promanava dall’inserzionista fino a raggiungere la massa indistinta dei potenziali clienti, passivi di fronte al messaggio trasmesso, con il web 2.0, di cui il “Food Porn” è conseguenza, l’andamento dell’advertising può essere rappresentato da una spirale, che travolge le usuali barriere tra publisher e consumatori, in un coinvolgimento totale che si propaga a macchia d’olio, rendendo la pubblicità più vera, se vogliamo, perché perde le sembianze di un messaggio preconfezionato e illusorio e assume la forma di consiglio autentico, reso vivo dall’esperienza diretta di conoscenti e amici.

Il “Food Porn”, nella sua banalità, ha un’importanza strepitosa per il marketing, proprio perché sovverte l’aura di finzione del messaggio pubblicitario tradizionale con il potere dell’immagine, della condivisione sui social network, della partecipazione collettiva. Il suo camaleontico aspetto (non sembra pubblicità, ma lo è, eccome!) dissimula la sua natura più profonda, che è quella di un passaparola 2.0 ad estensione potenzialmente illimitata, per la fortuna di gestori e proprietari di locali di ristorazione, che si ritrovano sponsorizzati dai loro stessi clienti senza i costi del tradizionale advertising.

Può essere, quindi, un’ottima strategia di social media marketing, da parte dei gestori di locali di ristorazione, quella di incentivare il “Food Porn”, offrendo a chiunque “valorizzi” un piatto gustato nel proprio locale, postando il clic che lo immortala sui vari social network o Tumblr-blog e condividendolo con amici e followers, un incentivo, come può essere uno sconto del 5%, una proposta di convenzione, un’offerta menu, o anche solo un gadget in omaggio, simile ai badge rilasciati da Foursquare. Negli USA la tendenza sembra essere questa; in Italia sono ancora pochi gli audaci che sfruttano il “Food Porn” per fare marketing partecipativo, perlomeno in maniera consapevole. È proprio il concetto di Engagement a non aver ancora attecchito del tutto nella nostra cultura. Diffidiamo a priori di ogni coinvolgimento in attività che sembrano fini a se stesse, come la sponsorizzazione di un locale non di nostra proprietà. Sì, vabbe’, ci sono i gadget, le promozioni… Anche per Foursquare funziona così. Ma alzi la mano chi, in Italia, sa cosa vuol dire essere diventato “sindaco” su Foursquare! Pochi, vero?

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