Se ha il cappello e i capelli bianchi, è George. Se è donna e ha i capelli bianchi, però, è Susan e se ha i capelli rossi e i baffi è senz’altro Alfred.

 

George, Susan e Alfred sono tre personaggi del gioco in scatola “Indovina chi?”, diffusissimo negli anni Ottanta e Novanta, che si basava sul riconoscere il personaggio scelto dall’avversario ragionando sulle risposte date ad alcune domande. “Ha gli occhiali?” “Ha il cappello?” “Si tratta di una donna?” (di donne, nel gioco, ce n’erano solo 5: sceglierle voleva dire condannarsi a una sconfitta certa). Il gioco funzionava per una buona ragione: ogni personaggio era diverso da tutti gli altri. I baffi, il colore dei capelli e degli occhi, gli occhiali, le gote arrossate: i personaggi del gioco dovevano essere per forza tutti diversi per essere riconoscibili, senza ombra di dubbio.

Parto da “Indovina chi?” un po’ perché, come tutti i Millennial, sono nostalgica, ma anche perché quando parliamo di Brand Identity dovremmo tutti avere in mente le facce dei personaggi di quel gioco. Perché l’obiettivo della Brand Identity deve essere quello di renderci riconoscibili tra decine di altre aziende, proprio come George, Susan e Alfred riescono a non essere confusi con gli altri personaggi grazie alla presenza di grossi o piccoli dettagli.

Abbandoniamo un attimo “Indovina chi?” (lo so, dispiace anche a me) per parlare più a fondo di Brand Identity: cos’è? Come la si comunica? E, soprattutto: è qualcosa su cui devono interrogarsi anche le PMI, o è roba da Starbucks e Coca Cola? Vediamolo insieme.

 

Cos’è la Brand Identity

La Brand Identity è, per riassumere brutalmente, quell’insieme unico di elementi visivi e comunicativi che definisce come un brand si presenta al pubblico e, soprattutto, come il brand vuole essere percepito dal pubblico. In questo insieme unico c’è il logo, la palette di colori, i valori aziendali, la missione e visione aziendale, il tono di voce, ma anche l’identità sonora e persino quella olfattiva.

  • Il logo – Questa è facile: il “baffo” della Nike, la mela di Apple, ma anche il logo della tua azienda o del bar sotto casa. Logo è il diminutivo di logotipo, cioè dal greco parola + lettera: è riconoscibile e unico; perciò, è la base di una buona Brand Identity.
  • Palette di colori – Il blu e giallo di Ikea, il bianco e il rosso di Coca Cola, ma anche il blu di Cepar contribuiscono a definire maggiormente l’identità di marca.
  • Valori aziendali, missione e visione – Qui iniziamo a rimestare nel torbido. Hai notato che, leggendo i siti web di molte imprese, i valori aziendali tendono a ripresentarsi con una certa frequenza? Sostenibilità, trasparenza, professionalità, per non parlare di innovazione e tradizione. Se desideriamo una Brand Identity davvero distintiva, sarà meglio iniziare a utilizzare parole che raccontino qualcosa di più della nostra azienda, con la massima onestà.
  • Tono di voce – Il Tono di voce è arrivato in Italia in tempi relativamente recenti e consiste nel modo in cui i brand esprimono sé stessi attraverso le parole. Un manuale del Tono di voce dovrebbe essere ricco di esempi, approfondire la personalità di marca fin nel dettaglio e rendere il marchio davvero riconoscibile. Definire il Tono di voce di un’azienda come “professionale e ironico”, perciò, serve proprio a poco.
  • Identità sonora - Se conosci Netflix, sai di cosa parlo quando nomino l’identità sonora: esatto, sto parlando del famoso “tudum”. Netflix ha reso il suono della schermata iniziale della propria piattaforma molto riconoscibile, utilizzandolo anche nelle pubblicità e in altri momenti della comunicazione.
  • Identità olfattiva - Passiamo dagli anni Novanta di “Indovina chi?” agli anni 2000: ricordi la catena di negozi Abercrombie&Fitch? Il suo profumo Fierce veniva spruzzato in abbondanza in tutti i punti vendita, rendendoli riconoscibili a distanza di isolati (quando dico in abbondanza, in realtà intendo “come se non ci fosse un domani”). Lo stesso fa la catena di lingerie Victoria’s Secret, ma anche il produttore di cosmetica sostenibile Lush e persino Nespresso. Con quel profumo di caffè così delizioso in grado di attirare tutti, a distanza.

 

Insomma, la Brand Identity è tutto tranne che apparenza. Ogni dettaglio, dal design alla narrazione, contribuisce a creare un'immagine che cattura l'immaginazione e costruisce un legame emotivo profondo con i consumatori. È l'identità che rende un brand immediatamente riconoscibile e capace di distinguersi nella mente delle persone, e l’identità passa a volte da un suono, a volte da un colore, a volte da un profumo.

 

Come creare una Brand Identity aziendale

D’accordo, gli esempi utilizzati finora non sono alla portata di tutte le imprese, specialmente quelle attive nel B2B. Un’azienda attiva nel settore metalmeccanico non è Ikea, né Victoria’s Secret. Come creare, quindi, una Brand Identity aziendale quando il raggio d’azione sembra limitare la creatività? Vediamolo insieme.

1. Comprendi chi sei e i tuoi obiettivi

Il primo passo per creare una brand identity efficace è avere una chiara comprensione di chi è l'azienda e quali sono i suoi obiettivi. Sembra banale, ma non lo è: se i fondatori sono due, ad esempio, alla base del marchio potrebbero esserci valori, convinzioni e obiettivi molto differenti, se non diametralmente opposti. Un’intervista con un esperto, seguita da una lunga riflessione, è alla base di un lavoro di Brand Identity efficace e non raffazzonato. Serve coerenza per iniziare un percorso di definizione di Brand Identity.

2. Mission, vision e valori

Distinguiamo: la mission descrive lo scopo attuale dell'azienda e ciò che vuole raggiungere ogni giorno, mentre la vision è l’obiettivo futuro a lungo termine. Queste dichiarazioni devono essere chiare, ispiratrici e strettamente allineate con i valori del brand, che sono quelli su cui è stata fondata l’azienda.

Sappiamo tutti che il primo scopo di un’azienda è il business, ma ogni impresa nasce da obiettivi che non sono solo economici. Ad esempio: se produco pannelli solari, senz’altro voglio trarre dalla mia attività un profitto, ma sarò anche felice di sapere che ciò che creo contribuirà a diminuire le emissioni di anidride carbonica. O ancora: tratto superfici metalliche perché voglio pagare i miei dipendenti a fine mese, ma è fonte d’orgoglio per me sapere che, grazie alla mia azienda, gli chef dei ristoranti e i chirurghi delle sale operatorie possono svolgere al meglio il proprio lavoro su banconi sterili e di qualità. Non serve essere Disney per avere una vision e dei valori meravigliosi.

3. Moodboard e visual identity

Moodboard è una bella parola per definire uno strumento visivo che aiuta a definire l’estetica del brand. È fatto di colori, immagini, brevi testi e suggestioni visive utile a guidare – ad esempio – l’architetto che si occuperà della sala d’attesa della nostra azienda o il grafico che si occuperà delle nostre brochure e dell’aspetto del nostro sito web.

In alcuni casi, può comprendere texture: metalli, tessuti, legni.

4. Naming, logo, payoff, Tono di voce

Il primo strumento che usiamo per distinguerci dagli altri, a pensarci bene, è il nostro nome. Certo, chiamarsi Sofia o Giulia ci rende meno riconoscibili rispetto a chi si chiama Ofelia o Berenice, ma anche un nome diffuso è un primo step verso la differenziazione dalla massa.

Trovare un nome unico e memorabile, che sia anche facile da ricordare e rappresentativo dei valori e dell’essenza dell’azienda non è facile, ma bisogna fare uno sforzo e ricordarci che un buon nome aziendale può fare una grande differenza nella percezione del brand e nella sua capacità di attirare e mantenere i clienti.

Sul logo, di cui abbiamo già parlato, c’è un margine ancora maggiore di intervento; per non parlare del payoff, quella “frasetta” che completa il nome dell’azienda rendendola ancora più unica (“Just do it” ti dice niente?) e del Tono di voce, che se ben definito può davvero fare la differenza tra riconoscibilità e oblio.

 

Conclusione

La Brand Personality non è qualcosa che solo le multinazionali o le aziende B2C possono permettersi. È, invece, uno strumento prezioso per distinguere la nostra proposta da quella dei competitor, per rendere la nostra voce riconoscibile tra mille, per guidare la nostra comunicazione verso una direzione coerente e vincente.

Guardati allo specchio: hai i baffi, i capelli rossi e gli occhi azzurri? Allora sei Alfred: non è arrivata l’ora di dirlo al mondo?

 

 

Post Correlati