Nel digital marketing c’è una trappola frequente: valutare l’efficacia delle campagne esclusivamente in base a CTR e conversioni. Sono dati immediati, concreti, ma non dicono se il brand sta davvero crescendo nella mente delle persone.
È qui che entra in gioco il Brand Lift: una metodologia che misura l’impatto delle attività di awareness su variabili strategiche come notorietà, fiducia e intenzione d’acquisto.
Per noi di Cepar, significa portare i team marketing oltre il “qui e ora” della performance, aiutandoli a capire se ogni euro speso sta costruendo valore di lungo periodo e un reale vantaggio competitivo.
3 Takeaways
- Il Brand Lift misura l’impatto delle campagne su awareness, fiducia e intenzione d’acquisto, andando oltre CTR e conversioni.
- Le metriche chiave (awareness, recall, consideration, purchase intent, trust) traducono la percezione del brand in dati concreti e confrontabili.
- Gli insight del Brand Lift guidano decisioni operative su creatività, targeting e funnel, aiutando a integrare valore di marca e ROI.
Che cos'è il Brand Lift
Partiamo con il dire che il Brand Lift non è solo una survey: è uno strumento che traduce la percezione del brand in dati azionabili. Misurare l’awareness o la brand consideration consente di capire se la creatività sta parlando alle persone giuste, se il messaggio è distintivo e se la campagna sta influenzando i driver che portano al ROI futuro.
È un passaggio cruciale: senza questo livello di misurazione, i brand rischiano di basarsi solo su metriche che fotografano il breve periodo, perdendo di vista la costruzione dell’asset più importante – la marca.
Metriche chiave da analizzare
Uno studio di Brand Lift ben strutturato deve partire da metriche definite in modo rigoroso e legate a obiettivi di business. Non si tratta di “chiedere al pubblico se ricorda la campagna”, ma di tradurre la percezione in indicatori quantitativi confrontabili. Le metriche fondamentali sono:
- 1. Brand awareness
Misura la capacità del target di ricordare spontaneamente o su stimolo il brand dopo l’esposizione a un annuncio.
- Come si misura: survey con domande dirette (“Quali brand di [categoria] ti vengono in mente?”).
- Indicatore: differenza percentuale di citazioni tra gruppo esposto e gruppo di controllo.
- Interpretazione: un lift significativo indica che la campagna ha incrementato la notorietà “top of mind”.
- 2. Ad recall
Verifica se il pubblico ricorda l’annuncio specifico associandolo correttamente al brand.
- Come si misura: domande di riconoscimento (“Hai visto recentemente questo annuncio/video?” con risposta binaria).
- Indicatore: variazione della percentuale di riconoscimento tra exposed e control.
- Interpretazione: utile per testare la memorabilità creativa e l’efficacia del messaggio visivo/sonoro.
- 3. Brand consideration
Stima quanto il brand sia preso in considerazione nelle decisioni d’acquisto rispetto ai competitor.
- Come si misura: domande di preferenza multipla (“Quali brand valuteresti per l’acquisto di [categoria]?”).
- Indicatore: incremento del numero di utenti che includono il brand nella loro consideration set.
- Interpretazione: fondamentale per capire se l’awareness si traduce in interesse concreto.
- 4. Purchase intent
Misura l’intenzione dichiarata di acquistare il prodotto/servizio del brand.
- Come si misura: survey con domande di intenzione (“Quanto è probabile che tu acquisti [brand] nei prossimi 3 mesi?” su scala Likert).
- Indicatore: differenza media tra exposed e control nelle risposte positive (“probabile/molto probabile”).
- Interpretazione: segnala se la campagna ha avuto impatto diretto sulla predisposizione all’acquisto.
- 5. Brand trust
Rileva il livello di fiducia percepita, spesso trascurato ma cruciale per la retention.
- Come si misura: domande di percezione (“Quanto ti fidi di [brand]?” con scala 1-5 o 1-7).
- Indicatore: variazione del punteggio medio di fiducia tra i due gruppi.
- Interpretazione: utile in settori ad alto coinvolgimento (finance, healthcare, B2B tech) dove la fiducia è driver primario di scelta.
Altre metriche complementari
A seconda del contesto, si possono aggiungere: visite al sito, tempo speso sul dominio, interazioni organiche post-campagna, conversioni assistite. Questi dati, integrati con le survey, permettono di validare la coerenza tra percezione dichiarata e comportamento osservato.
Come implementare uno studio di Brand Lift nel tuo progetto di marketing
La progettazione è ciò che distingue un test utile da uno che non porta insight. La strategia di base per condurre uno studio di Brand Lift passa attraverso cinque passaggi chiave:
- definire gli obiettivi: chiarire se si vuole misurare awareness, recall o consideration;
- segmentare il pubblico: creare gruppi esposti e di controllo, comparabili per caratteristiche;
- strutturare le survey: domande semplici, neutre, che evitino bias e riflettano gli obiettivi;
- stabilire tempi e volumi: la durata minima e il campione devono garantire significatività statistica;
- analizzare i risultati: distinguere segnali reali da rumore, e leggere i dati sempre nel contesto competitivo.
Vantaggi (e limiti) degli strumenti per fare Brand Lift
Gli studi di Brand Lift possono essere implementati attraverso diverse piattaforme, ciascuna con vantaggi e vincoli da considerare in fase di pianificazione.
- Google/YouTube Brand Lift Study: permette di misurare in tempo reale indicatori come brand awareness, ad recall e purchase intent. L’algoritmo randomizza il pubblico in due gruppi (esposto vs controllo) e somministra survey direttamente su YouTube e sul network Google Display. Il vantaggio è l’integrazione nativa con le campagne video e display, la rapidità di attivazione e la possibilità di analizzare i dati con granularità (per demografia, dispositivo, formato). Il limite principale è la necessità di volumi elevati di impression: campagne troppo piccole non raggiungono la significatività statistica richiesta.
- Meta Brand Lift Test (Facebook e Instagram): funziona in modo simile, con survey integrate nel feed e nei formati video. Permette di misurare awareness, consideration e intent, anche con breakdown per placement e segmenti di pubblico. Meta offre la possibilità di impostare finestre temporali personalizzate, ma richiede un budget minimo consistente per garantire la distribuzione corretta tra exposed e control group. Altro limite: i risultati sono spesso meno immediatamente confrontabili con metriche di business esterne, se non integrati con sistemi di analytics indipendenti.
- Panel continuativi e ricerche di terze parti: ideali per brand che vogliono avere una lettura multi-piattaforma o comparare più media. Consentono di inserire domande personalizzate, di monitorare periodicamente lo stesso target e di combinare dati di survey con dati comportamentali (es. traffico sito, vendite). Lo svantaggio è il costo elevato e la complessità organizzativa, soprattutto se si cerca rappresentatività nazionale.
- Software specializzati (es. Dynata, Toluna, Kantar, Nielsen): offrono modelli avanzati di Brand Lift, spesso con benchmark di settore e capacità di cross-analisi. La forza è nella robustezza metodologica, il limite sta nei tempi più lunghi e nella necessità di risorse dedicate per la gestione del progetto.
In sintesi, la scelta dello strumento deve basarsi su tre fattori: budget disponibile, dimensione della campagna e obiettivi di misurazione. Un test su YouTube può essere perfetto per validare la creatività video, mentre un panel indipendente è preferibile per una visione cross-channel.
Dall’insight all’azione
Il valore del Brand Lift non è nel dato grezzo, ma nella capacità di tradurlo in decisioni operative; questo significa costruire un processo strutturato di post-test analysis che integri metriche soft e hard.
- Validazione creativa: un ad recall basso segnala problemi di memorabilità del contenuto. In questo caso, le ottimizzazioni possono riguardare il visual (più distintivo), la frequenza del logo, la chiarezza del messaggio.
- Ottimizzazione del targeting: se la brand consideration cresce solo su specifici cluster demografici, significa che il media mix deve essere riequilibrato per massimizzare la copertura sui segmenti a maggior potenziale.
- Allineamento funnel: un aumento di awareness non seguito da un incremento di intent to buy suggerisce una disconnessione tra messaggio e call to action. Qui l’analisi dei dati guida modifiche di copy, offerte o landing page per colmare il gap.
- Integrazione con KPI di performance: il Brand Lift deve dialogare con metriche come CTR, conversion rate e ROI. Un esempio pratico: se l’intenzione d’acquisto cresce del 15% ma le conversioni restano stabili, è il segnale che la campagna sta generando predisposizione, ma il sito o il funnel di vendita non sono ottimizzati per capitalizzarla.
- Continuous learning: gli insight di uno studio non devono restare confinati alla singola campagna. In Cepar consigliamo di accumulare dati in un repository centralizzato, così da confrontare le performance di diversi flight e costruire benchmark interni di memorabilità, consideration e trust.
Il Brand Lift diventa quindi una leva consulenziale, non solo un report: aiuta a capire non solo se la campagna ha funzionato, ma come migliorare le strategie future, ottimizzare i budget e costruire progressivamente una brand equity misurabile.
Per chi vuole davvero crescere, non basta chiedersi “quanto ho venduto?”. Bisogna chiedersi anche “quanto sono rimasto impresso nella mente delle persone?”.
FAQ aggiuntive
- Che differenza c’è tra Brand Lift e Brand Awareness? La brand awareness misura se il pubblico conosce e ricorda un marchio. Il Brand Lift invece valuta quanto una campagna incrementa awareness, recall, consideration, trust e purchase intent, confrontando gruppi esposti e non esposti agli annunci.
- Quali strumenti si possono usare per fare uno studio di Brand Lift? Tra i più diffusi ci sono: Google/YouTube Brand Lift Study, Meta Brand Lift Test (Facebook e Instagram), panel indipendenti e software specializzati come Kantar, Nielsen o Toluna. La scelta dipende da obiettivi, budget e scala della campagna.
- Come collegare il Brand Lift al ROI delle campagne? Il Brand Lift genera insight su percezione e intenzione. Per collegarli al ROI bisogna integrare i dati con metriche di performance (CTR, conversioni, vendite). Ad esempio, se cresce l’intenzione d’acquisto ma non le conversioni, il problema può essere nel funnel o nella user experience del sito.